Oggi sui giornali commentiamo le elezioni americane. Io credo che anche chi oggi esulta per la vittoria di Donald Trump dovrà, purtroppo, ricredersi.
Le elezioni americane avranno un impatto su come gli equilibri geopolitici saranno costruiti nei prossimi anni e, ancora più di prima, avremo bisogno di un’Europa forte e di comunità e persone che lavorano per costruire relazioni di pace, non di conflitto, supremazie, disuguaglianze, prevaricazioni.
Credo però che il risultato delle elezioni ci interroghi su cosa fare di diverso, almeno qui. Sicuramente non possiamo lasciare che il discorso pubblico facile, che parla solo alla pancia, sia l’unico capace di ottenere fiducia.
Ma allo stesso modo non possiamo continuare a ‘guardare dall’alto’, a criticare e giudicare chi vota in modo diverso, ad avere paura di dire come stanno davvero le cose per puro equilibrismo, a scegliere candidature e leadership che con il proprio corpo non sanno incarnare i bisogni che rappresentano.
Quello che già sta accadendo negli Stati Uniti – e che da anni accade anche da noi – è la cancel culture di tutto quello che è stato fatto prima, la voglia di vendicarsi di chi ha perso le elezioni. Come se fosse sempre tutto una gara, uno scontro.
Scompare il Paese, scompaiono le persone e i loro bisogni, scompare la politica. Dopo viene il caos.
E di questi tempi non possiamo permettercelo.